Bullismo, cyberbullismo e la Giornata mondiale dedicata all’uso positivo di Internet

Si è tenuta il 7 febbraio la giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo, direttamente connesse con la Giornata mondiale del Safer Internet Day, tenutasi il successivo 9 febbraio.

Bullismo e cyberbullismo sono ormai piaghe sociali che colpiscono nella maggioranza dei casi i minori e che hanno visto una crescita esponenziale con l’avvento e l’uso quotidiano del web e, ancor di più, dei social.
Se prima dell’arrivo della rete, si manifestava sotto svariate forme “fisiche” (pugni, calci, spintoni), in rete il bullismo/cyberbullismo (la sua variazione on-line) trova spazio tramite derisioni, insulti, video, fotografie, messaggi che passano veloci da un telefonino all’altro.

I dati raccolti negli ultimi anni sono doverosi e, anzi, necessari per riflettere sulla portata di tale fenomeno. Il 30,5% degli utenti delle linee di Telefono Azzurro che riportano problematiche inerenti all’area internet riferiscono di sofferenze legate alla salute mentale dei giovani: il 13% si è inflitto atti auto-lesivi, il 5% ha tentato il suicidio, il 13% ha pensato al suicidio; il 31% dei casi legati a problematiche on-line dichiarano gravi malesseri che trovano sfogo con l’auto-aggressività.

I numeri che vengono forniti dall’Osservatorio Indifesa di Terre des Hommes e Scuola Zoo sono ancora più allarmanti: tra i 6.000 adolescenti intervistati, tra i 13 e i 23 anni, il 68% di loro dichiara di aver assistito a episodi di bullismo o cyberbullismo, il 61% ne è vittima direttamente; il 42% dichiara di essere vittima di episodi di violenza psicologica da parte di coetanei; 6 ragazzi su 10 dichiarano di non sentirsi sicuri on-line e il 66% di loro riconosce come rischio maggiore proprio il cyberbullismo.

E queste percentuali si innestano in un momento storico come quello che stiamo vivendo, nel quale il Covid19 e le conseguenti misure di isolamento e distanziamento hanno dato una pugnalata alla naturale socialità di ognuno e a risentirne maggiormente sono proprio i giovani, per i quali è andata ad aggiungersi anche la didattica a distanza: il 93% degli adolescenti intervistati ha dichiarato di sentirsi solo. La tendenza già c’era (… l’avvento dei social ha contribuito ad allontanarci?) e nell’anno Covid è aumentata in modo drammatico.

Proprio le misure di distanziamento sociale hanno provocato nei nostri giovani rabbia, paura e ansia, le quali si sono inevitabilmente riversate in rete, diventata l’unico spazio possibile per gli sfoghi personali. E sono proprio queste le occasioni ghiotte per i cyberbulli che, con una facilità che ha dell’incredibile, violano pensieri, emozioni e angosce altrui con parole cariche di un odio senza fondamento.

“Devi morire, sei una nullità”: queste le parole di quei giovani che vogliono misurare il proprio potere fisico e psicologico a danno di vittime scelte tra i coetanei, facili prede di questa coercizione, minacciati ancor più violentemente qualora rivelino a qualcuno questi episodi.

E le storie di bullismo/cyberbullismo suscitano sempre una grande ondata di sdegno nell’opinione pubblica quando vengono rese note, ma poi, pian piano, tutto lo stupore va scemando, non appena le acque si calmano: all’indignazione segue un po’ alla volta l’oblio, che dura fino alla prossima notizia che ci spingerà a spaventarci e invocare punizioni esemplari, sia per i bulli sia per chi non li educa come dovrebbe.

Dopo esserci fatti un esame di coscienza …. Beh dovremmo ammettere che il nostro atteggiamento non può essere più sbagliato di così e il susseguirsi continuo di casi di bullismo non è altro che il prodotto dei nostri errori: la nostra attenzione su questi fenomeni non dovrebbe mai calare perché il continuo “oblio” nel quale li lasciamo andare a uno a uno ha conseguenze pesantissime; lasciamo di continuo i giovani alle prese con disagi, insicurezze, cali di autostima, problemi di relazione, difficoltà scolastiche che arrivano anche all’abbandono delle lezioni, ansia e depressione. E poi, ogni volta, svuotiamo la nostra indignazione per l’ennesimo caso di suicidio, quando, forse, non dovremmo arrivare a questo.

Come adulti non possiamo permetterci di voltarci continuamente dall’altra parte. E certo, le giornate nazionali e internazionali dedicate a questi temi – e, soprattutto, in questo caso, quella dedicata all’uso positivo di internet – rappresentano strumenti forti per aiutare i nostri ragazzi a riconoscere i segnali di questi fenomeni, a non sottovalutarli, a rivolgersi a noi adulti e alle autorità competenti con tempestività, senza aspettare complicazioni che potrebbero diventare pericolose, ad assimilare gli aspetti positivi dell’universo on-line, insegnando loro a trasformarli in opportunità di studio e di conoscenza e aiutandoli a riconoscerne le insidie. Vero è che in questa lotta è fondamentale continuare a informare e sensibilizzare i ragazzi ad un uso più consapevole e corretto della tecnologia, a contrastare ogni forma di distorsione della rete e a divulgare quei valori su cui deve basarsi la società moderna e, in ogni caso, ogni società civile.

Ma il punto è: quali valori? Autostima, empatia, capacità di risolvere i conflitti (non crearli), di relazionarsi efficacemente con adulti e coetanei, di comunicare in modo corretto. Abbiamo il dovere e la responsabilità di trasmettere questo proprio per permettere ai giovani di essere inclusi in modo soddisfacente in ogni società, ma, purtroppo, molto spesso valori e capacità come queste sono sottovalutate e, anzi, completamente ignorate, quasi date per scontate, quando, invece, è possibile trasmetterle solamente tramite il famosissimo buon esempio.

Quante volte ci capita di assistere o essere protagonisti di scene di conflitto? Quante volte siamo impegnati a rinfacciarci l’un l’altro le nostre carenze? Siamo consapevoli della potenza del messaggio che deriva dalle nostre azioni? Siamo consapevoli che ognuno di noi ha il dovere di agire in sinergia con gli altri per costruire la nostra società?

E per questo il mio consiglio spassionato è di parlarne: di bullismo, di cyberbullismo, di leggere e informarci, di dare il buon esempio e non solo quando ci troviamo di fronte a un fatto eclatante. Abbiamo il dovere di rinnovare tutto il sistema perché corriamo davvero il rischio di perdere le potenzialità di un’intera generazione.

Chiara Aldegheri
Dottoressa in giurisprudenza